Curiosità

L'ARCHIVIO

L’importanza dell’archivio

Per archivio si intende una raccolta organizzata e sistematica di documenti di diversa natura (atti, scritture private e altri documenti originali) prodotti e/o acquisiti da un soggetto pubblico o privato, da enti, istituzioni, famiglie o persone, nel normale esercizio delle proprie funzioni, durante lo svolgimento della propria attività, e custoditi in funzione del loro valore di attestazione e di tutela di un determinato interesse. L'interesse potrà essere di varia natura: politico-sociale (amministrativo, giudiziario, scientifico, militare, religioso...) o patrimoniale.
In secondo luogo, per estensione, con "archivio" si designa anche l'ente che ha il compito istituzionale di tutelare e valorizzare un insieme di documenti (ad es. Archivio di Stato ) e i locali destinati alla loro conservazione.
Un archivio nasce innanzitutto quando un soggetto, detto "produttore" (di documentazione), decide di conservare le testimonianze delle proprie operazioni: a questa decisione è legata la convinzione che tali documenti possano tornare ad essere utili in un futuro più o meno vicino, per questo se ne evita la distruzione. Nelle fasi iniziali la conservazione dei documenti ha essenzialmente finalità pratiche, amministrative e giuridiche, mentre solo col passare del tempo, mentre questi interessi vanno sfumando o decadendo, subentra un altro valore, di tipo storico, legato alla ricerca della conoscenza del passato, da parte degli studiosi. La vita di un archivio si muove su una coordinata temporale (verticale) che va dalla nascita alla chiusura dell'archivio (l'"archivio morto", cioè il cui soggetto produttore non produce più documenti per la cessazione dell'attività, e quindi non è più soggetto agli accrescimenti), fino all'ipotetica data della distruzione dell'archivio. Inoltre l'archivio si riferisce a un determinato territorio ed a una serie di soggetti col quale il soggetto produttore interagisce (coordinata orizzontale). Fondamentale è poi il concetto di "ordine", che serve per garantire una struttura logica e utile per la consultazione, anche se non incide la natura dell'archivio stesso: un archivio disordinato resta sempre un archivio, magari in attesa dell'inventariazione e del riordino, mentre un archivio senza vincolo non è un archivio

Archiviazione tradizionale o digitale?

Nonostante la sicurezza e la praticità offerte dai servizi di archiviazione digitale, è necessario mantenere le copie cartacee di certi documenti.

Infatti, sebbene si possano mantenere i vecchi file “occupa-spazio” esclusivamente online, è obbligatorio archiviare fisicamente contratti, fatture e parcelle recanti la firma originale.

Dopo aver stampato tutto e averne scannerizzato una copia da mantenere online, è necessario servirsi di raccoglitori, porta progetti, cartelle e faldoni, per tenere sempre a portata di mano i documenti strettamente necessari. In questo modo si occupa meno spazio, non si rischia di perdere dati importanti e si mantiene un ambiente di lavoro organizzato e pulito.

In conclusione, si può affermare che nessuno dei due metodi sia migliore dell’altro ma che entrambi, con i loro aspetti positivi e negativi, possono garantire la sicurezza e la protezione dei dati.

Digitale e cartaceo al giorno d’oggi coesistono e sono a tal punto complementari che non si potrebbe immaginare l’uno senza l’altro.

La storia dell’archivio

Dall'Impero Romano primordiale alla caduta
Gli archivi, intesi come testimonianza dell'attività umana, sono sempre esistiti in quanto l'archivio serve all'uomo per la sua attività quotidiana. Le prime testimonianze di archivio risalgono all'epoca dei Sumeri (III millennio), quando cioè risalgono i primi supporti stabili[ I Sumeri, infatti, furono un popolo che si legarono in civiltà stabile, svilupparono la scrittura (scrittura cuneiforme = 3500 a.C.) e avevano un bisogno di lasciare testimonianza delle loro attività quotidiane (come i commerci, esercizi contabili).
Al contrario, presso i gli antichi greci e la civiltà romana i supporti utilizzati (tavole di cera e papiro) non permisero la conservazione degli archivi statali e privati per un lungo periodo: dei rotoli conservati al metroon di Atene o di quelli del Tabularium tardo-repubblicano non si è conservato assolutamente nulla, così come dell'archivio d'età Imperiale.

Il Medioevo
In seguito al crollo dell'Impero Romano d'Occidente e la confusione generata dagli sconvolgimenti socio-politici successivi, la documentazione prodotta durante l'Alto Medioevo è alquanto esigua: da un lato, furono prodotti pochi documenti (o se ne sono conservati pochi) da parte delle cancellerie dei regni romano-barbarici; dall'altro, i sovrani e anche le autorità ecclesiastiche locali (vescovi, abati) avevano l'abitudine di portare con sè la documentazione archivistica, delineando così la nozione di archivi itineranti, concezione che rimarrà in uso fino al XII secolo. Al contrario, un ruolo fondamentale per la conservazione dei documenti è stata la Chiesa: grazie ai monasteri, nei cui scriptoria operavano i monaci amanuensi dediti alla conservazione della memoria classica e alla produzione di Bibbie o Evangeliari, molta documentazione fu salvata dall'oblio, grazie anche all'imporsi, a partire dalla tarda antichità, dell'utilizzo della pergamena come materiale scrittorio.
Al contrario, con il Basso Medioevo (XI-XV secolo), la rinascita delle città e dei commerci produsse una rifioritura delle città e una maggiore laicizzazione, per quanto fosse possibile, della società: si vennero a creare così gli archivi comunali e quelli dei notai, a fianco sempre

Età moderna
Gli archivi come "arsenali" del potere

Con l'inizio dell'età moderna e la formazione delle monarchie nazionali, gli archivi diventarono necessari ai fini dell'esercizio del potere e della consultazione dei documenti da parte dei sovrani. Gli archivi in quest'epoca furono definiti dei veri e propri "arsenali del potere" (o arsenal de l'autorité), cioè strumenti a disposizione del sovrano, e crescono in funzione dell'attività del governo[10]. Tra questi si ricordano principalmente l'Archivio generale di Castiglia, l'Archivio di corte a Vienna (oggi Archivio di Stato Austriaco), istituito da Maria Teresa col nome di Geheimes Hausarchiv (ossia Archivio di Corte), l'Archivio di Corte a Torino, oggi sede dell'Archivio di Stato di Torino e l'Archivio napoleonico di Parigi.

Inoltre, sul finire del XVIII secolo i nobili italiani godevano di una serie di prerogative che, però, dovevano essere dimostrate davanti al tribunale araldico: si sentì la necessità di creare degli archivi "nobiliari", affidando l'opera di riordinamento agli archivisti.

A fianco degli archivi laici, si vennero a formare dal XVI secolo gli archivi ecclesiastici, in seguito alle disposizioni disciplinari emanate dal Concilio di Trento (1545-1563) che obbligavano i parroci a tenere i registri dello stato delle anime, così come dei battesimi, dei matrimoni e dei funerali. Agli inizi del XVII secolo, papa Paolo V (1605-1621) decise infatti di creare un archivio che raccogliesse le carte di governo dello Stato della Chiesa. Si trattava del nucleo di quello che verrà chiamato successivamente Archivio Segreto Vaticano

Il XIX secolo

L'archivio come "memoria storica"
Nel corso dell'Ottocento, l'archivio da memoria di auto documentazione (ovvero ha una funzione esclusivamente pragmatico-amministrativa per il soggetto produttore) diventa fonte della memoria collettiva: i documenti, quando smettono di funzionare per il soggetto che lo produce, assumono un'importanza storica agli occhi di altre persone, in primis gli studiosi, che non l'hanno prodotto. Oltre al granduca Pietro Leopoldo che creò nel 1778 il Museo Diplomatico di Firenze, si ricordano anche la creazione, nel 1790, dell'Archivio Nazionale francese ad opera dell'Assemblea Nazionale

Verso il finire del '700, vengono creati dei grandi depositi che perdono il collegamento con la cancelleria di provenienza, in seguito alla soppressione di enti religiosi o di magistrature civili. Il tutto è finalizzato in un'ottica razionale, finalizzata alla ricerca immediata di determinati atti da parte delle autorità pubbliche secondo la materia trattata. I documenti così ordinati secondo lo spirito illuminista (si pensi all'Encyclopèdie di Diderot e d'Alambert, ma anche ai testi di Pierre Camille Le Moine, Diplomatique pratique, 1765 e di De Chevrières, Le nouvel archiviste, 1775) trovarono un primo luogo di sviluppo a Vienna, e poi in in Lombardia grazie all'archivista Ilario Corte prima e poi a Luca Peroni.

Nella seconda metà dell'Ottocento, però, vi fu una reazione nei confronti del metodo per materia. In Francia, su proposta dello storico Natalis de Wailly, il ministero degli Interni emanò una circolare (le Instructions del 24 aprile 1841) in cui si stabilisce il principio di provenienza o rispetto dei fondi. Questo principio, già diffuso in Danimarca e nel Regno di Prussia, profondamente antitetico rispetto al precedente, fu accolto poi in Italia dal toscano Francesco Bonaini il quale estremizzò tale metodo dando origine al metodo storico, ossia alla ricostruzione storica del soggetto produttore e del fondo da esso creato per la migliore comprensione della struttura del fondo in questione. Si pose in tal modo la teorizzazione, in Italia, del moderno ordinamento archivistico.

Tra XX e XXI secolo

L'archivio come bene culturale
Una prima definizione internazionale degli archivi come beni di interesse culturale risale alla Convenzione dell'Aja del 1954 (ratificata in Italia nel 1958), dove si citavano i beni artistici, architettonici, archeologici, librari e archivistici "di grande importanza". La Conferenza Generale del 1970, voluta dall'UNESCO, riconobbe agli "archivi, compresi i fonografici, fotografici e cinematografici" le misure atte a impedirne l'illecita importazione, esportazione o trasferimento di proprietà.
In Italia, il processo per il riconoscimento a livello legale degli archivi come beni culturali fu lungo e complesso, in quanto partì soltanto dall'Istituzione del Ministero dei beni culturali nel 1975 e proseguì fino all'emanazione dell'attuale codice del 2004.

LA NASCITA DEL PRIMO ARCHIVIO A FIRENZE

La nascita del primo archivio a Firenze

LA SCRITTURA

L’importanza della scrittura manuale

Sebbene stiamo vivendo in un'era multimediale in si scrive su apparecchi elettronici, è necessario riconoscere l’importanza della scrittura manuale.

Questo tipo di scrittura consente un’ attività mnemonica maggiore rispetto alla scrittura digitale.

“Scrivere a mano” è vantaggioso per l’attenzione, la cognizione e la memoria.

Inoltre, la scrittura digitale, soprattutto su tablet e telefoni cellulari dotati di correttore automatico, impedisce l’individuazione e la memorizzazione di eventuali errori grammaticali che compromettono la conoscenza ed il corretto utilizzo della nostra lingua.

Rispetto alla scrittura digitale, la scrittura manuale attiva aree del cervello che sono coinvolte nella comprensione del linguaggio e nella memoria. Inoltre, scrivendo, si stimola il reticolare attivatore ascendentale che permette di selezionare i dati più importanti ed attivare l’attenzione.

E’ sufficiente pensare che quando si prendono appunti a mano durante una lezione, la lentezza dell’atto ci obbliga a selezionare i termini da trascrivere e questo è un fatto cruciale per l’apprendimento.

La storia della scrittura

La scrittura è in primo luogo lo sviluppo del linguaggio espresso con le lettere o altri segni.

Nella storia di come si sono evoluti i sistemi di rappresentazione del linguaggio attraverso mezzi grafici nelle diverse civiltà umane, appare che i sistemi di scrittura più completi sono stati preceduti da proto-scrittura, sistemi ideografici e/o all'inizio rappresentazione di simboli mnemonici.

La vera scrittura, in cui l'intero contenuto di un'espressione linguistica è codificato in modo che un altro lettore possa ricostruire, con un buon grado di precisione, l'esatta espressione scritta, è uno sviluppo successivo, e si distingue dalla proto-scrittura che evita in genere la codifica grammaticale delle parole, rendendo difficile o impossibile ricostruire con sicurezza l'esatto significato inteso dallo scrittore, a meno che una grande parte del contesto sia già nota in anticipo. Una delle prime forme di espressione scritta è quella cuneiforme.

Il primo sistema di scrittura della prima età del bronzo non fu un'invenzione improvvisa. Piuttosto, uno sviluppo basato su tradizioni precedenti di sistemi simbolici che non possono essere classificati come scrittura vera e propria, ma avevano molte caratteristiche sorprendentemente simili alla scrittura. Questi sistemi possono essere descritti come proto-scrittura. Usarono simboli ideografici e/o mnemonici per trasmettere informazioni ancora probabilmente prive di diretto contenuto linguistico. Questi sistemi emersero nei primi anni del neolitico, già a partire dal VII millennio a.C..

La scrittura nell’età del bronzo
Nell'età del bronzo la scrittura emerse in molte culture nel mondo.
Dalla scrittura cuneiforme dei Sumeri, ai geroglifici egizi e cretesi, ai logogrammi cinesi e alla scrittura degli Olmechi del Mesoamerica.
La scrittura cinese si sviluppò, molto probabilmente, in maniera indipendente da quelle del Medio Oriente, intorno al 1600 a.C..
Nel caso dell'Italia, trascorsero circa 500 anni tra il primo Vecchio alfabeto Corsivo e Plauto (750-250 a.C.), e nel caso dei popoli germanici, il corrispondente intervallo di tempo è simile, dal primo Fuþark antico ai testi iniziali, come l' Abrogans (circa 200-750).

I primi strumenti di scrittura
Il sistema di scrittura sumera originale discende dal sistema dei ciotoli utilizzato per rappresentare le merci.
Entro la fine del IV millennio a.C., questo si era evoluto in un metodo per tenere i conti, utilizzando uno stilo di forma circolare che imprimeva segni nell'argilla molle ad angoli differenti per registrare i numeri.
Questo è stato gradualmente ampliato con la scrittura pittografica utilizzando uno stilo appuntito per indicare ciò che era stato contato.
Lo stilo a punta arrotondata e quello a punta tagliente vennero gradualmente sostituiti intorno 2700-2500 a.C., utilizzando uno stilo a forma di cuneo (da qui il termine cuneiforme), in un primo momento solo per i logogrammi, ma sviluppato per includere elementi fonetici dal XXIX secolo a.C. Intorno al 2600 a.C. la scrittura cuneiforme iniziò a rappresentare le sillabe della lingua sumera che divenne poi un sistema di scrittura di uso generale per logogrammi, sillabe e numeri. Dal XXVI secolo a.C., questo sistema venne adattato alla lingua accadica, e da lì in altre come la lingua hurrita e quella ittita. Segni simili in apparenza a questo sistema di scrittura comprendono quelli per la lingua ugaritica e il persiano antico.
La scrittura fu fondamentale nel mantenere coeso l'impero egiziano nel perdurare dei secoli e l'alfabetizzazione era riservata esclusivamente a gruppi di élite. Solo a persone di determinato rango era permesso studiare (sacerdoti al servizio del tempio, farisei, e autorità militari). Il sistema geroglifico era difficile da imparare e nei secoli successivi potrebbe essere stato volutamente reso ancora più complesso per permetterne a pochi l'utilizzo e mantenere così lo status sociale.

Il primo alfabeto
Il primo puro alfabeto (propriamente, "abjad", come mappatura di singoli simboli per singoli fonemi, ma non necessariamente ogni fonema disponeva di un simbolo) emerse intorno al 1800 a.C., in Egitto, come rappresentazione del linguaggio sviluppato da lavoratori di origini semitiche in Egitto, ma da allora i principi alfabetici ebbero pochissime possibilità di essere inculcati nei geroglifici egiziani per più di un millennio. Questi primi abjads rimasero marginali per diversi secoli, ed fu solo verso la fine dell'età del bronzo che la scrittura proto-sinaica sfociò nell'alfabeto proto-cananeo (ca. 1400 a.C.) Sillabario di Biblo e alfabeto sud arabico (ca. 1200 BC). Il proto-cananeo era probabilmente in qualche modo influenzato dall'indecifrato sillabario di Biblo, a sua volta ispirato all'alfabeto ugaritico (ca. 1300 a.C.).
In Cina, gli storici hanno imparato molto sulle antiche dinastie cinesi dai documenti scritti. Dalla dinastia Shang, la maggior parte di queste scritture è sopravvissuta giungendo a noi incisa su ossa o su manufatti in bronzo. Ma anche tramite incisioni su gusci di tartaruga, o jiaguwen, sono attestate dalla fine della dinastia Shang (1200-1050 a.C.).
La scrittura dell'antica dinastia Shang è la diretta genitrice dei moderni caratteri cinesi usati in tutto l'est dell'Asia (Cina, Corea, Giappone e Vietnam).

Dalla storia dell'alfabeto greco, risulta evidente che i greci presero in prestito l'alfabeto fenicio adattandolo alla loro lingua. Le lettere dell'alfabeto greco sono le stesse di quello fenicio, ed entrambi gli alfabeti sono strutturati nello stesso ordine. Coloro che adattarono il sistema fenicio aggiunsero tre lettere alla fine della serie, chiamate "supplementari". Presto si svilupparono diverse varianti dell'alfabeto greco. Una, conosciuta come greco occidentale o calcidese, fu utilizzato a occidente di Atene e nel Sud Italia. L'altra variante, nota come greco orientale, venne utilizzato nell'attuale Turchia e dagli Ateniesi, e alla fine dal resto del mondo che parlava greco. Dopo la prima scrittura da destra a sinistra, i greci alla fine scelsero di scrivere da sinistra a destra, a differenza dei Fenici che scrivevano da destra a sinistra. Il greco è a sua volta la fonte di tutti i moderni alfabeti d'Europa.

L’alfabeto Latino
Il più diffuso discendente del greco fu l'alfabeto latino, dal nome dei Latini, un popolo italiano che venne a dominare l'Europa, con l'ascesa di Roma. I Romani impararono a scrivere intorno al V secolo a.C. dalla civiltà etrusca, che usava una serie di scritture italiche derivate dai greci occidentali. A causa del predominio culturale dell'impero romano, le altre scritture italiche sparirono e la lingua etrusca è in gran parte andata perduta.
Le scritture italiche ispirarono l'alfabeto runico che fu alla base della scrittura inglese. Questa però era ancora rara fino al VI secolo, quando la lingua latina e il suo sistema di scrittura vennero portati in Gran Bretagna da Agostino di Canterbury insieme alla religione cristiana. I sovrani sassoni adottarono rapidamente la scrittura alla propria lingua, producendo uno dei primi corpus superstiti della letteratura europea in una lingua diversa dal greco o dal latino.
Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente, lo sviluppo della letteratura rimase confinato nell'Impero Romano d'Oriente e nell'Impero Persiano. Il latino, mai una delle lingue letterarie primarie, ridusse rapidamente la sua importanza (ad eccezione all'interno della Chiesa di Roma). Le lingue letterarie primarie erano greco e persiano, anche se le altre lingue come il siriaco e il copto erano molto importanti.
La crescita di importanza dell'Islam nel VII secolo portò alla rapida ascesa dell'arabo come grande lingua letteraria nella regione. Arabo e persiano cominciarono rapidamente a mettere in ombra il ruolo del greco come lingua degli studiosi. La scrittura araba venne adottata come la principale dalla lingua persiana e da quella turca. Questa scrittura influenzò fortemente lo sviluppo del corsivo greco, le lingue slave, il latino e altre lingue. La lingua araba servì anche a diffondere il sistema numerale indo-arabico in tutta l'Europa. All'inizio del secondo millennio la città di Cordoba nella Spagna moderna, era diventata uno dei più importanti centri intellettuali del mondo e possedeva la più grande biblioteca del mondo di quel tempo. La sua posizione di crocevia tra il mondo cristiano occidentale e quello islamico contribuì ad alimentare lo sviluppo intellettuale e la comunicazione scritta tra le due culture.
Dal XII secolo in poi, dapprima nelle città dell'Italia centrale e settentrionale, per poi espandersi in tutta l'Europa centrale e settentrionale, l'uso della scrittura era funzionale all'espansione commerciale, e il crescente alfabetismo soprattutto in ambiti mercantili, e andava di pari passo con un ciclo congiunturale di lunga durata e con l'intensificarsi delle forme di comunicazione.

La scrittura dal Rinascimento all’età contemporanea
Con l'avvento del XIV secolo, una rinascita, o Rinascimento, emerse in Europa occidentale che portò ad una ripresa temporanea dell'importanza del greco, e una lenta rinascita del latino come lingua letteraria significativa. Un simile anche se più piccola emergenza si era verificata in Europa orientale, in particolare in Russia. Allo stesso tempo, l'arabo e il persiano iniziarono un lento declino di importanza a seguito della fine del epoca d'oro islamica. Il rilancio dello sviluppo letterario in Europa occidentale portò a molte innovazioni nell'alfabeto latino e la diversificazione dell'alfabeto a codificare le fonologie delle varie lingue.

La natura della scrittura ha subito una continua evoluzione, soprattutto a causa dello sviluppo di nuove tecnologie nel corso dei secoli. La penna, la tipografia, il computer e il telefono cellulare sono gli sviluppi tecnologici che hanno modificato ciò che è scritto, e il mezzo attraverso il quale si produce la parola scritta. In particolare con l'avvento delle tecnologie digitali, vale a dire il computer e il telefono cellulare, i caratteri possono essere digitati con la pressione di un pulsante, piuttosto che con il movimento fisico della mano.

La natura della parola scritta si era evoluta nel tempo per far posto a uno stile colloquiale scritto informale, dove una conversazione di tutti i giorni può avvenire attraverso la scrittura, piuttosto che tramite il parlato. La comunicazione scritta può anche essere consegnata con un minimo tempo di ritardo (e-mail, SMS), e, in alcuni casi, con un ritardo impercettibile (messaggistica istantanea).

Socialmente, la scrittura è vista come un mezzo autorevole di comunicazione, dalla documentazione legale, dal diritto e dei media tutti prodotti attraverso il mezzo tecnologico.

LA STORIA DEL PENNARELLO

La storia del pennarello

LA COMUNICAZIONE VISIVA

L’importanza della comunicazione visiva

Il vecchio detto “un’immagine vale più di mille parole” è ben noto a tutti. Ma un’immagine può, di per sé, contenere mille altre immagini! Un’immagine o un grafico su di una lavagna possono contare su più immagini memorizzate nel cervello umano, ciascuna delle quali evoca reazioni emotive e modelli di pensiero particolari.

Alcuni vedono il focus sulla comunicazione visiva come la prossima fase evolutiva, ma anche come un risultato della crescita dei mezzi di comunicazione di massa. Altri la vedono come un ritorno alle origini, come l’arte rupestre che era tra i primi mezzi noti di espressione sofisticata. Il tipo di segnali visivi utilizzati nella pubblicità provocano una reazione viscerale che attinge istinti umani molto più vecchi rispetto al metodo analitico associato al testo.

Le immagini e il cervello umano

Le immagini sono in grado di “aggirare” i centri di analisi del cervello o, per lo meno, muoversi attraverso di loro così rapidamente che possano più efficacemente accedere ai centri emotivi e continuare ad influenzarci inconsciamente una volta impresse nella nostra mente. Il solo testo, per sua natura, viene elaborato in modo più critico. Naturalmente, questo renderà le immagini uno strumento pericoloso nelle mani sbagliate, ma le rende anche efficaci nel provocare reazioni forti e positive. Il cervello umano, così abituato a reagire istintivamente a ciò che viene percepito nel mondo esterno, interpreterà l’immagine come realtà e reagirà di conseguenza ad essa nel modo che ritiene più appropriato.

Le informazioni visive
Le informazioni possono essere condivise in molti modi diversi. Il modo in cui trasmetti le informazioni dipenderà non solo da ciò che vuoi trasmettere, ma anche dal tuo gruppo target e dalla posizione. Hai un posto fisso e centrale nella tua scuola, ufficio, negozio o ristorante dove vengono visualizzate le informazioni per alunni, colleghi, clienti o commensali?
I pannelli informativi e sistemi di visualizzazione a pavimento offrono una soluzione efficace per questo.
Vetrine e cornici per poster sono la soluzione ideale per mettere le tue informazioni di fronte a un target specifico.
Gli strumenti ed i prodotti per comunicazione visiva si trovano ovunque : in uffici comunali, scuole e associazioni e luoghi pubblici.
Si vedono pannelli informativi nelle halls hotel o in uso come divisori di locali nei centri per conferenze e nelle sale espositive.

L’importanza degli strumenti per la comunicazione visiva

Comunicazione visiva è cura per i propri clienti: dalla strategia, alla progettazione, alla messa a punto di piani e strumenti di comunicazione, l’impatto visuale è immediato ed efficace.
La facoltà, l’atto del vedere, è il processo più immediato per comunicare il proprio messaggio: l’osservazione diretta permette di capire e immagazzinare.
Il punto di vista di chi vede, di chi esamina, di chi scruta, è quello di chi esamina qualcosa e attraverso il processo di studio per immagini riesce a memorizzare dettagli e cose che altrimenti sarebbero difficili da ricordare. La traduzione delle teorie sulla comunicazione visiva e sui suoi strumenti è univoca: comunicare per immagini, se fatto nel modo giusto, è effettivamente efficace.

L'importanza della comunicazione visiva aziendale

Per poter creare una strategia di marketing efficace, un'azienda deve avere ben chiara la sua missione e la sua identità.
La "corporate identity", infatti, è importante per permettere ad una compagnia di distinguersi dalla concorrenza, soprattutto agli occhi del cliente.

L'identità aziendale non è altro che il modo in cui una compagnia viene percepita da una soggetto esterno. In un mercato saturo, è quindi molto importante che l'azienda sia in grado di comunicare un messaggio chiaro, che la renda facilmente identificabile e che risulti familiare ed uniforme.

Per questo motivo la comunicazione visiva aziendale è di fondamentale importanza: questa è il modo più veloce ed efficace per comunicare al cliente quali sono i propri valori e qual è la propria missione.

Cosa si intende per comunicazione visiva aziendale?
Per comunicazione visiva aziendale si intendono tutti i messaggi visivi che consentono ad una compagnia di comunicare i propri valori e la propria identità ai soggetti esterni.
Si tratta quindi del logo dell'azienda, del suo sito web, dei suoi profili sui social network, dei materiali promozionali (come ad esempio, volantini e brochures), ma anche dell'immagine dei propri dipendenti (le divise, la pulizia, ecc.) e dei punti vendita.
Insomma, quando si parla di comunicazione visiva aziendale si intende qualunque aspetto della vita di un'azienda che possa comunicare visivamente un messaggio all'esterno.

Comunicazione visiva aziendale: perché è importante?
Il cervello umano processa le immagini circa 300 volte più velocemente rispetto al testo e ai suoni. I messaggi visivi vengono percepiti più facilmente e, soprattutto, ricordati più a lungo.
Per questo motivo, il valore che una compagnia dà alla comunicazione visiva aziendale può fare la differenza tra il successo o il fallimento della stessa: ogni dettaglio trascurato oppure non in linea con la missione della compagnia può lasciare una brutta impressione sul cliente, il quale potrebbe scegliere di rivolgersi al competitor.
Un'azienda quindi deve tenere bene a mente che ogni aspetto della vita della compagnia potrebbe comunicare un messaggio visivo all'esterno circa la sua identità.
È quindi essenziale che l'azienda si costruisca un'identità forte e riconoscibile, che rispecchi la sua missione, i suoi valori e i suoi obiettivi di business.

Come ottenere una comunicazione visiva aziendale vincente
L'obiettivo della comunicazione visiva aziendale è quella di portare il cliente ad associare automaticamente delle immagini, un logo oppure dei colori al nostro brand. Ma non solo: una comunicazione visiva aziendale efficace consente di costruire una relazione con il cliente.
Per far sì che questo accada, è importante l'immagine proiettata all'esterno sia coerente in ogni momento: lo stile, la grafica e i colori del sito web ufficiale, delle pagine social, delle brochure e, addirittura delle divise dei dipendenti deve avere un filo conduttore coerente in termini di identità e valori, che renda il marchio riconoscibile

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